Una Nano evoluzione, una Grande Innovazione

Le nano-tecnologie, un insieme di tecniche per lavorare la materia atomo per atomo, sono entrate nel nostro quotidiano. Vengono già utilizzate in lettori dvd, auto, ecc.
Il termine «nano» interpreta un grande rivoluzione industriale, e indica la lavorazione su scala nanometrica (un miliardesimo di metro).

I nano-materiali sono qui, tra di noi, già commercializzati, sotto forma di nano-tubi di carbonio, di nano-laser nei lettori dvd, di nano-chip per la diagnosi biologica... Si pensa a «fabbriche molecolari» con vettori, bracci articolati, nastri trasportatori di una dimensione centomila volte più piccola del diametro di un capello. Osservare la materia e lavorarla su scala atomica, costituisce un affascinante orizzonte di promettenti innovazioni. Il sogno è certo quello di «rifare ciò che la vita ha fatto, ma a modo nostro», secondo le parole del premio Nobel per la chimica del 1987, Jean-Marie Lehn. C'è anche chi sostiene che la tecnica debba dare il cambio nell'evoluzione darwiniana, per prendere in mano il destino dell'umanità...
In effetti, l'idea di manipolare gli atomi, elementi costitutivi della materia, è diventata realtà. Il microscopio a effetto tunnel, messo a punto nel 1982, ha permesso sia questo «zoom nell'universo dell'atomo» che «l'ingegneria lillipuziana», capace di spostare gli atomi a comando. Le prospettive di una «manifattura molecolare», ventilate da Eric Drexler in Engines of creation, si sono aperte. Si comincia a fabbricare carriole, aspiratori, auto molecolari, transistor a un solo atomo, computer quantici, ecc.

Attorno al «cuore del mestiere», gravita ogni sorta di altre tecnologie che derivano o dalla miniaturizzazione, oppure, questa volta partendo «dal basso», da una riorganizzazione molecolare all'origine di proprietà fisico-chimiche inedite. Mentre su scala macroscopica predomina l'effetto collettivo di milioni di atomi, isolando nano-oggetti, fatti solo di pochi atomi, possono manifestarsi comportamenti particolari: aumento delle superfici di scambio (maggiore reattività), resistenza meccanica, funzioni ottiche, elettromagnetiche o termiche... Più che la natura chimica del materiale, è l'organizzazione spaziale degli atomi che diventa determinante.
Di fronte all'ignoto delle possibili proprietà emergenti, alcuni predicono la rivoluzione, altri la continuità. Già oggi, tutti i grandi settori di produzione - elettronico, tessile, sanitario, agroalimentare o energetico - sono toccati da questo uragano tecnologico. Il gruppo automobilistico Daimler-Benz vende veicoli dotati di rinforzi ai freni o pezzi di motore fabbricati in nano-tubi di carbonio, cento volte più resistenti dell'acciaio e sei volte più leggeri; l'Ibm produce transistor centomila volte più sottili di un capello, i ricercatori dell'università di Cornell, negli Stati uniti, o dell'Institut Curie, in Francia, realizzano motori molecolari. Anche l'industria cosmetica, da qualche anno, utilizza nano-particelle di ossido di zinco per produrre rossetti più resistenti, di ossido di titanio per filtrare i raggi ultravioletti, o polvere di zirconio (ossido di zirconio) per gli smalti per unghie.

Per molti giganti industriali, la produzione su scala submicronica (sotto il milionesimo di metro) è condizione di sopravvivenza. Sony come St Microelectronics (associata a Motorola e Philips semiconductors international Bv) hanno appena investito 1,5 miliardi di euro per la produzione di semi-conduttori lavorati a meno di 90 nanometri.
Nel settore tessile, i progetti riguardano fibre metallizzate capaci di contenere energia o integrare sensori. I nano-materiali possono anche migliorare il rendimento dei sistemi energetici, permettere di stoccare l'idrogeno o fornire efficaci barriere termiche. Per quanto riguarda la salute, le nano-biglie possono costituire nuovi «veicolatori» di materia attiva, liberabile in siti per riscaldamento a infrarossi o campo magnetico. Le applicazioni nel campo della biometria o dei sistemi nomadi miniaturizzati d'informazioni si moltiplicano, anche se sono ancora su scala micrometrica. Lo scorso anno, la ditta Applied Digital ha ricevuto l'approvazione della Food and Drug Administration (l'autorità americana in materia di medicinali) per la sua «chip medica incorporata», che s'impianta sotto pelle e trasmette, tramite la tecnologia Rfid (Radio Frequency Identification, identificazione tramite radiofrequenza), la storia medica completa del paziente. «La nano-industria non è un'industria emergente, ma un ventaglio di mezzi per manipolare la materia e rendere dei materiali già esistenti adattativi ("intelligenti") e ibridi (elettronico mezzo siliceo e mezzo organico)», spiegano gli economisti Stephen Baker e Adam Aston . Questo dovrebbe dare spazio a nuovi campi di ricerca, permettere la ristrutturazione di molti settori industriali, come è successo con l'informatica, l'elettronica e le biotecnologie. I primi progressi interesseranno biomateriali, catalizzatori, diagnostica ed elettronica.

Diverse discipline dovrebbero fondersi per agire meglio nell'interfaccia tra vivente e materia inanimata, nel punto di incontro tra chimica, elettronica, genetica ed anche scienze neurologiche. Gli investimenti non si fanno attendere. Nel 2005, lo sforzo mondiale (accademico e industriale) per le nano-tecnologie è stato stimato in 9 miliardi di dollari dal National Nanotechnology Initiative (Nni) americano, secondo una ripartizione quasi uniforme tra i paesi asiatici, europei e nordamericani. Dal 1998 al 2003, gli investimenti pubblici sono stati moltiplicati per sei in Europa, per otto negli Stati uniti e in Giappone. Il mercato mondiale di queste tecnologie, che rappresentava già 40 miliardi di dollari nel 2001, dovrebbe raggiungere, secondo la National Science Foundation (Nsf) americana, i 1.000 miliardi l'anno nel 2010 . Il treno delle nano-tecnologie è dunque partito.

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